LA DEPRESSIONE:
QUEL MALE OSCURO IN FONDO ALL’ANIMA
Va detto con forza che la depressione non è qualcosa di immaginario, non
è un castigo divino, non è dovuta a colpe personali, a egoismo o a una
particolare debolezza di carattere. Non è neppure uno stato d’animo che
si può superare da soli con uno sforzo di volontà. E’ un disturbo
frequente, anzi il disturbo psicologico che causa maggiore sofferenza e
disabilità nella popolazione.
Secondo recenti dati, in Europa ne soffre una donna su sei, è la seconda
causa di morte dopo gli incidenti stradali e in 10 anni sarà la malattia
più diffusa fra entrambi i sessi. Questo disturbo è il risultato
dell’interazione fra un soggetto geneticamente predisposto e l’ambiente
in cui vive: traumi, rottura di un legame affettivo, gravi conflitti e
incomprensioni con gli altri, ritmi di vita insostenibili, precarietà
economica sono solo alcuni dei fattori di rischio che possono precedere
l’esordio dell’episodio depressivo. Queste situazioni stressanti non
causano inevitabilmente la depressione, ma vi danno origine o
l’aggravano se la persona crede di non poter in alcun modo controllare o
padroneggiare la situazione e se rinuncia a reagire, si chiude in se
stessa e si lascia andare.
Il termine depressione è ormai entrato nel linguaggio comune per
indicare un calo dell’umore.
Sintomi depressivi fluttuanti e sporadici sono esperienza comune nella
vita di tutti, più spesso in occasione di eventi specifici, e
rapidamente transitori; le vere e proprie sindromi depressive hanno,
invece, una durata più ampia, presentano molti sintomi e una spiccata
familiarità (un soggetto depresso ha molto spesso in famiglia altri
soggetti con lo stesso tipo di disturbo). Quando si è depressi in senso
clinico ci si sente svuotati, incapaci di provare emozioni: non si
gioisce più per qualcosa di bello, non ci si arrabbia per una situazione
irritante, si prova solo un’immensa tristezza. Vi è un vero e proprio
dolore di vivere, che porta a non riuscire a godersi più nulla. Si perde
interesse nei confronti di ciò che prima dava soddisfazione, diventa
difficile eseguire le normali attività quotidiane, anche preparare un
pranzo può essere vissuto come molto faticoso.
La persona vive a ritmo rallentato, i discorsi si fanno brevi, la mimica
è impoverita, il volto esprime afflizione. Il corpo risente pesantemente
della situazione depressiva e presenta sintomi quali una continua
stanchezza, disturbi del sonno, dell’appetito, disturbi sessuali e una
dolorabilità diffusa.
Si perde la capacità di pensare, di concentrarsi, e prendere decisioni
diventa pressoché impossibile.
La persona passa molto tempo a rimuginare sul passato, sugli errori
fatti e si convince di non avere mai combinato nulla di buono. Il
presente perde d’interesse, il futuro non viene preso in considerazione
e non si fanno più progetti, esiste solo un catastrofico passato. La
tendenza ad incolparsi e a svalutarsi è molto forte, ci si sente
indegni, nei casi più gravi ci possono essere deliri (alterazioni
dell’esame di realtà) e la persona pensa al suicidio come tentativo
estremo di porre fine ad uno stato emotivo doloroso visto come
interminabile.
Spesso i parenti spronano la persona a reagire, a sforzarsi. Questo
ovviamente in buona fede, senza rendersi conto che ciò tende a far
sentire chi soffre di depressione ancora più in colpa. Frasi come
“mettici la volontà”, “esci e incontra gente”, “fatti forza”, ecc. non
fanno altro che incrementare la sofferenza di chi non ha più contatto
con il concetto di volontà che la patologia ha reso quasi
impercettibile.
L’atteggiamento migliore da tenere è quello di incoraggiare chi è
affetto da depressione ad assumere un'adeguata terapia farmacologica ed
ad intraprendere una psicoterapia cognitivo–comportamentale. Questa
aiuta a modificare il proprio modo di valutare se stessi e la vita e ad
affrontare la propria bassa autostima, i sentimenti di colpa, la
mancanza di motivazione, il ritiro sociale.
clicca quì per tornare indietro |